Sottovoce o sottotono?

Insomma, come te lo devo dire? Le persone educate parlano sottovoce e tu devi imparare a parlare sottovoce!

Una frase familiare: almeno una volta nell’infanzia la abbiamo sentita tutti.

Il potere magico di questa frase, pronunciata da mia madre più volte durante il giorno, riusciva a sbarrare la strada non solo alle mie parole, ma anche ai pensieri e alle emozioni.

“Parla sottovoce!” mi trasportava in un lampo nella realtà dei “grandi”.

Mi costringeva ad uscire dal mio mondo di fantasia obbligandomi a ripensare e rimodulare in fretta le cose che avevo da dire.

Rispetto e intimità

E’ indubbio che parlare sottovoce sia un segno di rispetto dei luoghi in cui ci si trova (cinema, ristorante, negozi, biblioteca, teatro) e di educazione verso gli altri.

Vi sarà certamente capitato di imbattervi sui mezzi di trasporto in persone che, perfettamente a loro agio, raccontano al cellulare le loro ansie lavorative, familiari, personali – talvolta litigano persino – senza curarsi minimamente di abbassare la voce per non disturbare.

In alcuni luoghi viene quasi istintivo parlare sottovoce, come ad esempio in chiesa o in ospedale quando si va a trovare un congiunto.

L’atmosfera intima e raccolta di questi luoghi ci guida a “riconnetterci” con la nostra sfera emozionale e con quella degli altri.

Abbassare la voce esprime qualcosa che va oltre i pensieri e le parole e sta ad indicare che stiamo varcando un territorio psicologico permeato da uno scrupolo, una preoccupazione, una confidenza, un segreto.

Scegliamo un interlocutore fra tutti gli altri e lo investiamo di un’importanza speciale, affidandogli l’esclusiva delle nostre emozioni.

Cambiare atteggiamento

A volte non è bene parlare sottovoce: il galateo prescrive che nell’arte della conversazione parlare a bassa voce con una sola persona trascurando gli altri è indice di cattiva educazione.

Talvolta invece è auspicabile smorzare il tono della voce per migliorare la comunicazione: in contesti lavorativi competitivi è possibile disinnescare le provocazioni e le reazioni forti cambiando radicalmente atteggiamento rispetto all’interlocutore.

Se veniamo chiamati a dibattere in modo acceso e con toni aggressivi, parlare sottovoce spiazza il nostro interlocutore e riporta la discussione su binari efficaci ed accettabili.

A volte, però, parlare sottovoce coincide con “vivere sottotono”.

Quando è meglio alzare un po’ la voce

Molte persone vivono al di sotto delle proprie potenzialità, per paura di mettersi al centro dell’attenzione, negandosi la possibilità di esprimere i propri talenti e di realizzare i propri sogni.

Tendono a parlare sottovoce per paura di affermare la propria individualità, per “scomparire” e confondersi con gli altri il più possibile.

Facciamo un esempio pratico:

Visualizziamo l’immagine di due persone, una con autostima consolidata (che chiameremo A) e l’altra insicura (B).
Entrambe dovranno entrare in un ufficio dove è in corso una importante di riunione di lavoro, alla quale stanno giungendo in ritardo.

Vediamo quali comportamenti mettono in atto i nostri due personaggi:

  • La persona A entrerà nell’ufficio a testa alta, con la postura del corpo che esprime stabilità (non spavalderia) e fiducia in se stessa.
    Con un sorriso caldo e rassicurante, voce ferma e respiro consapevole, guarderà uno ad uno gli interlocutori e con voce al volume giusto chiederà scusa per il ritardo. Con gesti equilibrati e sicuri prenderà il suo posto.
  • La persona B entrerà nell’ufficio a capo chino, quasi raccolto in se stesso, chiuso nella sua paura del giudizio degli altri.
    Il volto teso, lo sguardo sfuggente, parlerà velocemente e ad un volume non sufficiente a raggiungere tutte le persone presenti.
    Non riuscirà a sostenere lo sguardo degli altri e con movenze scoordinate e frettolose correrà a prendere il suo posto.

Forse ho un po’ esagerato nella descrizione dell’amico B, che ricorda abbastanza da vicino il personaggio del ragionier Fantozzi.

Ma, vi chiedo, quanti di voi non si sono imbattuti almeno una volta in un personaggio simile?

Del resto, l’opera di Paolo Villaggio ha avuto un così grande successo proprio perché ognuno ha riconosciuto in lui qualità ed atteggiamenti generalizzati, anche se talvolta fastidiosi.

Fantozzi ricorda a tutti noi il lato più triste dell’essere umano, l’incapacità di parlare a proprio sostegno, che addirittura “biascica” le parole di fronte a qualsiasi interlocutore.

In questo modo si predispone a diventare sempre la vittima in tutte le situazioni della vita, anche (e addirittura!) in quelle che partono vantaggiose per lui.

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